Se c’è una donna che susciti interesse in qualsiasi persona che faccia la sua conoscenza, questa è Maria Teresa d’Asburgo. Con il suo carisma e la sua forte personalità atterrisce tutti. Per una donna dominare un impero conservando la propria essenza, grazia e femminilità, è cosa assai complicata. Eppure lei ce la fa! Scopriremo ascoltando le sue parole che anche un’imperatrice e dominatrice di un impero così vasto può essere romantica ed amare smisuratamente. Siamo entrati con le telecamere nella dimora di Hofburg a Vienna per intervistare la “Giovanna d’Arco del Danubio. Generosa, bella e coraggiosissima”, com’è stata definita dal governo britannico. Ci ha accolti in una delle sale del Leopoldinischer Trakt. Ci ha fatti accomodare in uno dei salottini dalle striature azzurre ed io, intimorita dalla sua presenza autorevole, ho iniziato a stuzzicarla e a strapparle un sorriso ricordandole fatti legati alla sua infanzia.
Com’è stata la sua infanzia, ricorda un episodio in particolare?
Se potessi definire la mia infanzia penserei ad un festoso carosello ricordandomi un bellissimo episodio di quando ero bambina. Avevo appena cinque anni. Mio padre Carlo VI fece letteralmente allagare dai suoi servitori la piazza interna di Hofburg che durante la notte di luna piena si gelò completamente, fino a divenire una pista di ghiaccio. Grazie a questo, io potei giocare e scorrazzare per ore con una piccolissima slitta dorata trainata da due cavallini bianchi. Ricordo ancora che, avvolta da una cuffia e da guanti di pelliccia, respirai a pieni polmoni l’aria frizzante di quel periodo gelido per Vienna e mi divertii tantissimo. Fu una giornata fantastica.
Era affettuoso suo padre, Carlo VI?
Mio padre era profondamente legato a me. La sua più grande preoccupazione è stata quella di mantenere unita la Casa d’Asburgo, la Erzhaus, com’è stata denominata di generazione in generazione. Come è a tutti noto è grazie al suo decreto regio che io sono diventata imperatrice, la cosiddetta Prammatica sanzione, che mio padre stipulò per permettere al suo primogenito, fosse maschio o femmina, di governare sui suoi regni. Nonostante il suo essere molto rigoroso, mi perdonava quasi tutto; ad esempio che io spesso facessi lunghe e spericolate cavalcate nel parco delle ville di famiglia. Tra queste la Favorita che è situata su un’altura fuori dalle mura, vicina al Belvedere per intendersi. Qui ci trasferivamo con la mia famiglia, da aprile a settembre, per godere della luce e del verde. E poi era affettuoso. Quando era sereno e nella pace della famiglia cantava con noi, ci recitava filastrocche, si travestiva da orco. Ci abbracciava e baciava teneramente. L’imperatore ogni giorno prendeva i pasti con noi in modo che non ci mancasse mai la sua presenza. Ho voluto credere che tra noi ci fosse un’intesa anche nelle occasioni pubbliche. Racconto un aneddoto. Quando fu consacrato re di Boemia nella cattedrale di San Vito a Praga, ricorderò per sempre! Sfilando lungo le navate della cattedrale boema per un attimo mi sfiorò con lo sguardo accennandomi un sorriso compiaciuto. Voglio conservare questo ricordo tenero di lui. Ho sempre amato raccontare questo particolare ai miei figli come anche il mio smodato desiderio di correre tra le sue braccia quel giorno!
Crede nell’amore?
Su questa domanda, mi perdonerete, devo dilungarmi. A soli sei anni mio padre aveva scelto per me un fidanzato: Clemente, duca di Lorena. Tutto questo su suggerimento di Eugenio di Savoia, principe mercenario che ha combattuto tutta la vita al servizio della Casa d’Austria. Il consiglio era dovuto ad un particolare importantissimo per la Erzhaus. Carlo di Lorena, il padre di Clemente, era stato determinante nella cacciata dei turchi dai confini dell’impero austriaco. Tra le altre cose bisognava rafforzare i legami e stringere alleanze con le casate nobiliari europee, visti i malumori che aveva provocato la stipula della Prammatica sanzione; anche utilizzando le parentele già acquisite. Mio nonno infatti e il nonno di Clemente erano cognati. Eppure Dio mi ha assistita anche in questo dandomi la possibilità di scegliere e sposare il grande amore della mia vita: Francesco Stefano di Lorena. Clemente, das Wunderkind, il ragazzo prodigio, purtroppo è stato ucciso dal vaiolo. Il giorno stesso della sua morte il padre Leopoldo ha fatto consegnare da un messo a mio padre, l’imperatore, una proposta di matrimonio con il suo primogenito: il duca Francesco Stefano, l’uomo che è poi diventato mio marito. La nostra è stata un’esperienza di amore e di sofferenza al contempo. Mio padre sin da subito ha avuto forti dubbi su di lui, sia perché aveva appreso che non fosse così brillante come il fratello e sia perché si mormorava che subisse l’influenza della madre, Elisabetta d’Orléans nipote di Luigi XIV, storico nemico dell’Austria. Ascoltando Eugenio di Savoia, ormai consigliere di corte, l’imperatore lo ha invitato a corte assumendolo come suo paggio. Sono certa che mio padre in cuor suo, per togliersi la grave incombenza di riconoscere il principe consorte dell’erede al trono, sperava nascesse un maschio. Mia madre, Elisabetta Cristina, era incinta. Ma evidentemente non è stato così. Quando è arrivato a corte Franz, come da subito lo abbiamo denominato, ha affascinato tutti. Lui era alto, biondo, bellissimo. Mi sono invaghita di lui, nonostante fossi molto giovane. Da subito entrambi ci siamo innamorati. Ricordo che mi faceva consegnare dalla contessa Fuchs fiori e cioccolatini di color celeste avvolti in una carta con le insegne della Lorena. Tanti sono stati i miei pretendenti ed anche i rifiuti alla volontà dell’imperatore Carlo. Tra questi don Carlos di Spagna, scelta strategica che avrebbe riportato un Asburgo a regnare sui domini spagnoli. Eugenio di Savoia aveva anche consigliato a mio padre che io sposassi mio cugino Massimiliano di Baviera, ma avrebbe avuto dieci anni in meno di me. So anche che la proposta è stata fatta al principe ereditario di Prussia, figlio del re Federico Guglielmo. Ma lui si è rifiutato non volendosi convertire al cattolicesimo, conditio sine qua non per entrare a far parte della Erzhaus. Io sono stata irremovibile mostrando senza vergogna i miei sentimenti, nonostante fossi informata sui miei pretendenti. Avevo deciso ormai di sposare Franz. Ricordo ancora i pianti e le minacce di chiudermi per sempre in un convento pur di convincere mio padre della mia decisione. L’amore tra me e Franz è stato turbolento perché più volte siamo stati tenuti lontani, ma la nostra volontà ha vinto su tutte le altre. Per un periodo Francesco Stefano è tornato in Lorena per adempiere ai suoi doveri di primogenito e sistemare gli affari di famiglia e di Stato dopo la morte del suo primo fratello e del padre; per stare vicino a sua madre e ai suoi fratelli minori. E i nostri distacchi sono stati di grande sofferenza. Lo confesso, noi avevamo stretto un patto segreto: anche senza il consenso di nostro padre ci saremmo sposati. Da giovane amavo farmi narrare le saghe e i racconti gotici, dove l’amore trionfava anche sulla morte. E ci ho creduto anch’io fino in fondo. Ricordo ancora quando io e Franz nei suoi periodi di assenza (era stato inviato dall’imperatore come suo rappresentante in Ungheria, a Magonza, a Presburgo) ci scambiavamo le lettere in cui ci promettevamo vicinanza e fedeltà per sempre. Lo chiamavo <> e lui <>. Mi sovvengono bellissimi ricordi. Siamo stati sempre convinti che saremmo stati l’uno il compagno dell’altra. E non potrò mai dimenticare che per sposare me Francesco Stefano ha ceduto la sua amata Lorena. E’ stato Luigi XV a chiedere in cambio della sua deposizione delle armi la piccola Lorena: per la Francia piccolo territorio strategico. La guerra, ricordo, è scoppiata dopo la cessione della Polonia da parte di Carlo VI al marito di mia cugina, Maria Giuseppa, Augusto re di Sassonia. Il re di Francia lo rivendicava per il suocero Stanislao Leszczynski. Da qui è nato il suo desiderio di combattere contro la Erzhaus. Io avevo capito tutto e così anche Franz. Ma il nostro amore ha vinto su ogni ragione di Stato. Mio marito è stato l’uomo migliore del mondo. Da imperatrice, come mi consigliava il maestro di etichetta, avrei dovuto dormire da sola per essere pronta sempre a ricevere i miei ministri. Mi sono sempre rifiutata. Non ho mai rinunciato ai miei diritti di donna sia con mio marito che con i miei figli riservandomi sempre le ultime ore della mia giornata per dedicarmi a loro. Ne ho avuti ben 16, 11 femmine e 5 maschi. Tra quest’ultime due sono regine: Maria Antonietta divenuta moglie di Luigi XVI di Francia e Maria Carolina che ha sposato Ferdinando di Borbone, re di Napoli e di Sicilia. Il mio Consiglio aveva ricevuto l’ordine di avvisarmi ed interrompermi ogni qualvolta uno di loro non fosse stato bene. A Franz ho perdonato tutto anche le scappatelle nei miei momenti di assenza, per i miei pesanti impegni governativi. Nonostante la mia fede cattolica e il rigore con cui sono stata educata … Continua a leggere nel prossimo numero del magazine
Intervista immaginaria all’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo. I contenuti sono tratti da “Maria Teresa. Una donna al potere” di Edgarda Ferri
Didascalia Immagine: Ritratto dell’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo (Vienna 1717 – 1780) MARTIN VAN MEYTENS (STOCCOLMA 1695 – VIENNA 1770) BOTTEGA
@Maria Teresa Merlino