Nel cuore dell’alta Val d’Agri, nel territorio in antico noto come Ager Grumentinus, a circa 15 km dalla città romana di Grumentum, nel marzo 2006 la Soprintendenza ha individuato una grossa villa romana durante attività di archeologia preventiva, connesse allo sfruttamento delle risorse di greggio presenti nel sottosuolo. Il sito, collocato sulle sponde del torrente Molinara, in posizione pedemontana, orientata a sud, posto strategicamente lungo la via Herculia, è stato scavato con indagini proseguite sino al 2017 e presenta fasi di frequentazione, intervallate da periodi di abbandono, che vanno almeno dal II sec. a.C. al VII sec. d.C. Dalle indagini, si è appurato che l’abitato presenta le caratteristiche di una canonica villa rustica, suddivisa in pars rustica, pars fructuaria e pars urbana.

Nella prima fase, il complesso architettonico era articolato in due corpi di fabbrica separati da un ampio cortile quadrato: a est dello stesso erano collocati gli alloggi servili, le stalle e un impianto oleario (torcularium); a sinistra, il corpo di fabbrica principale, con un ingresso (vestibulum), l’atrio quadrato centrale e, intorno a questo, le camere da letto (cubicula) e le sale da pranzo (triclinia). Il settore nord era occupato da altri ambienti di servizio, destinati alla produzione del vino (con torchio, vasca di decantazione e dolia per conservare il vino) e un impianto di lavorazione delle lane.

Distrutta da un terremoto tra la fine del I e l’inizio del II sec. d.C., la villa venne ricostruita e monumentalizzata attorno a un grande peristilio rettangolare porticato che ne divenne il fulcro. L’accesso principale fu spostato sul lato opposto (sul lato ovest) e, oltre l’atrio, gli ambienti residenziali si collocavano attorno al grande peristilio. La straordinarietà di alcuni ritrovamenti ha permesso di considerare l’insediamento di particolare interesse archeologico, anche per via della presenza di marmi pregiati e di bellissimi resti scultorei. Numerosi oggetti di pregio raccolti nelle stratigrafie del sito narrano la vita quotidiana nella villa: eccezionali sono alcuni degli oggetti in ceramica, ornamenti, strumenti per la cura della persona, monete. Inoltre, grazie alla scoperta di numerose tegole bollate, gli archeologi hanno individuato uno dei proprietari del latifondo, che commissionò la realizzazione dell’impianto della villa nel I sec. d.C. Si tratta di Caius Bruttius Praesens, esponente di una potente e ricca famiglia lucana, già nota per diverse attestazioni epigrafiche proprio a Grumentum. Apparteneva alla stessa famiglia Bruttia Crispina, moglie dell’imperatore Commodo: in questa fase, alla fine del II sec. d.C., probabilmente la villa divenne di proprietà della famiglia imperiale. Fu forse proprio in questa fase che il complesso venne gestito da un liberto, tale Moderatus, di cui si conserva un anello con sigillo.

Dopo una fase di abbandono, l’impianto fu reinsediato nel IV sec. d.C. e fu frequentato almeno fino alla prima metà del VII sec. d.C. A partire dalla metà del VI sec., il complesso fu riorganizzato con notevoli variazioni strutturali nel solo settore occidentale (la parte orientale fu abbandonata forse per via dei fenomeni di alluvionamento causati dal vicino torrente Molinara). Le profonde modifiche degli spazi, con realizzazione di muri divisori e ridefinizione degli usi dei vani, trasformarono l’abitato in un vicus, un agglomerato rurale con diverse singole abitazioni. La pars urbana venne trasformata in quartieri artigianali e produttivi: sono attestati resti di fornaci, calcare, di una vasca per lo spegnimento della calce e di un forno adibito alla fusione dei metalli. L’ultima frequentazione dell’area è attestata dalla presenza di tracce di un villaggio a capanne e di sette sepolture (di cui una bisoma). Al fianco di una di queste, una brocchetta infissa verticalmente nel terreno attesterebbe la pratica cristiana del rito del refrigerium.

In questa fase si sta riprendendo il progetto di fruizione del sito, già stilato dopo la fine dello scavo: attraverso la redazione di un protocollo d’intesa tra gli uffici periferici del Ministero della Cultura (Segretariato Regionale del Ministero della Cultura per la Basilicata, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata), Comune di Marsicovetere e Eni SpA Distretto Meridionale, si intende avviare un progetto di tutela, restauro e valorizzazione del sito.

 

A cura di F. Tarlano (Funzionario Archeologo MiC e Direttore del Museo Archeologico Nazionale dell’Alta Val d’Agri e del Parco Archeologico di Grumentum) e di M.T. Merlino (Comune di Marsicovetere)

Nelle fonti letterarie romane diversi autori (Catone, Varrone, Columella…) parlano di “villa” in merito a tipologie edilizie in ambito rurale del tutto differenti tra loro, dalla semplice fattoria a carattere produttivo alle lussuose dimore a carattere residenziale, ma caratterizzate da una collocazione in campagna e dalla compresenza di strutture connesse a funzioni produttive agricole e di allevamento e di un’area domestica destinata alla famiglia del dominus. Secondo Catone (Cato Agr. 3, 2; 4, 1), la villa si organizzava in una pars rustica (fattoria e spazi produttivi) e in una pars urbana (residenza del dominus); Columella (Colum. 1, 6, 1) vi aggiungeva un terzo settore, la pars fructuaria (connessa allo sfruttamento delle piantagioni).

Il modello di “villa catoniana”, che si sviluppò tra II e I sec. a.C. inizialmente in Italia centrale, prevedeva attività imprenditoriali gestite direttamente da proprietari appartenenti alla classe media. Successivamente, in un periodo in cui nella società romana e nelle classi aristocratiche iniziò a diffondersi l’ideologia epicurea, la villa rurale rappresentava per il dominus il luogo dell’otium, la casa di campagna dove ritirarsi e dedicarsi ad attività intellettuali per riposarsi dalle attività politiche quotidiane. Con l’avvento dell’Impero, quando la politica non era più un’attività comune, la villa si trasformò e divenne il luogo dove gestire gli affari.  Inizialmente la planimetria della villa si rifaceva alla domus urbana (villa ad atrio e peristilio) con alcune variazioni (villa a peristilio e atrio); successivamente si svilupparono nuove tipologie (a due atri, ad atrio con hortus…), fino a giungere alla villa a padiglioni che costituì la tipologia più diffusa per tutto il periodo imperiale. Nella tarda antichità si sviluppò infine il modello della villa-praetorium, una vera e propria villa fortificata, che in parte riprendeva i caratteri della villa romana e in parte anticipava peculiarità tipiche di insediamenti dell’alto Medioevo.

In Basilicata conosciamo numerosi esempi di villa romana e tardo antica. In un certo senso precursori della villa sono le numerosissime fattorie lucane, caratteristiche di un popolamento sparso di IV-III sec. a.C. sviluppatosi in relazione all’affermarsi del ceto medio all’interno delle società indigene. Tra le ville costruite nella seconda metà del II sec. a.C., che seguono il modello catoniano, ricordiamo Monte Irsi, sui resti di un insediamento d’altura precedente, Moltone di Tolve, Termitito, nella chora di Heraklea, Timmari presso Matera, Braida nel territorio di Brienza. All’inizio dell’età imperiale, viene realizzata la prima villa di San Giovanni di Ruoti. Una villa di un certo rilievo fu costruita sulla costa ionica a Cugno dei Vagni, nel territorio di Heraklea, dove si è ben conservato il complesso termale annesso. Nella Lucania interna, si data tra la fine del I sec. d.C. e gli inizi del II la prima fase della villa di Malvaccaro, vicino Potenza; allo stesso arco cronologico appartengono le fasi principali della villa di Masseria Ciccotti, presso Oppido Lucano. Altre ville della prima e media età imperiale sono attestate sulla costa di Maratea, in località Magnone nelle vicinanze di Atella, nelle località Piforni e San Pietro presso Tolve, a Calle e a Malcanale nel territorio di Tricarico, presso il Monte di Mella a San Mauro Forte, a San Gilio presso Oppido Lucano. In alta Val d’Agri, oltre alla villa di Barricelle di Marsicovetere, che rappresenta uno dei modelli più noti, un’altra villa tardo imperiale, con straordinari mosaici, è quella di Contrada Maiorano, presso Viggiano.

La proprietà della Villa e del fundus viene attribuita dagli studiosi alla potente e ricca famiglia dei Bruttii Praesentes, nota alle cronache storiche per aver dato i natali a consoli e senatori, nonché alla “imperatrice lucana” Bruttia Crispinala quale, nel 178 d.C., fu presa in sposa dall’imperatore Commodo. In seguito all’unione matrimoniale, anche la Villa romana di Barricelle divenne di proprietà imperiale, acquisendo un nuovo volto all’insegna del lusso e della ricchezza, come dimostrano i reperti rinvenuti. I Bruttii Praesentes rimasero a lungo sulla scena politica accumulando vasti possedimenti tra la Lucania e l’Apulia.

L’attribuzione della proprietà della Villa romana alla famiglia dei Bruttii Praesentes è stata possibile grazie al rinvenimento, durante le operazioni di scavo, di dodici tegole bollate entro il quale è riprodotta la formula onomastica che rimanda a Caius Bruttius Praesens.

I Bruttii Praesentes furono una delle famiglie più importanti della Lucania del tempo, che iniziò la sua fortuna con C. Bruttius Praesens L. Fulvius Rusticus, il nonno dell’imperatrice Bruttia Crispina. Nato nel 68 d.C. ebbe una fortunata carriera politica. Fu console per la prima volta nel 118 d.C. e una seconda volta nel 139 d.C. Le sue fortune iniziarono sotto Domiziano che lo insignì del titolo di tribuno militare tra l’88 e l’89, fu questore nella Betica tra il 92 e il 95 e nel 114 d.C. ottenne i dona militaria dall’imperatore Traiano, per aver conquistato l’Armenia. Fu legato all’imperatore Adriano da una forte amicizia. Da lui, nel 118, ottenne il primo consolato e divenne membro del collegio sacerdotale. Nel 139 d.C. gli fu attribuito il secondo consolato conquistando l’accesso al patriziato e forse alla Praefectura Urbis, una delle più alte cariche dello stato. Il figlio Presente, nato dal matrimonio con Laberia Crispina, si ispirò alla carriera politica del padre essendo stato anch’egli questore, pretore ed anche console, carica che gli permise l’ingresso nei Sodales Antoniniani. Nel 177 d.C. partecipò con successo alla spedizione militare sarmatica al fianco di Marco Aurelio. È all’anno successivo che si fa risalire il matrimonio tra i figli di Marco Aurelio e Caius Praesens: Commodo e Bruttia Crispina. Costei fu un’imperatrice molto amata dai suoi sudditi. Ritenuta donna di altissimo rango e di onorabile status, molti furono gli encomi a lei tributati, ancora oggi attestati nei reperti emersi nella Villa romana di Barricelle, quali statue, iscrizioni, monete con la sua effige. Fu così venerata che le fu conferito il titolo di Augusta, come solo a poche altre donne imperiali. Interessanti sono le raffigurazioni del suo volto nei coni monetali, da cui si può evincere l’uso della sua pettinatura. Uno dei ritratti più famosi può essere ammirato ancora oggi nel Museo Nazionale Romano. In esso l’imperatrice è ritratta con un volto spiritualizzato e un portamento semplice. Si possono notare gli occhi volti di lato e la pettinatura tipica dell’epoca adrianea, detta ‘a melone’. Se in età Flavia le acconciature erano complesse con molte applicazioni posticce, tanto che le donne aristocratiche ricorrevano alle pettinatrici, dette ornatrices, nell’epoca di Adriano le pettinature femminili ritornarono alla classicità delle epoche precedenti. Non vi erano elementi posticci ed i diademi erano meno sfarzosi. L’imperatrice Bruttia Crispina è ritratta dagli scultori, infatti, con un’acconciatura sobria e naturale, ripartita in due bande da una scriminatura centrale. I capelli sono rialzati sulle tempie e radunati al centro da una crocchia/matassa.

Bruttia Crispina potrebbe essere annoverata tra le imperatrici sfortunate, che la storia di tutti i tempi ha consegnato all’attualità. Malauguratamente anche la vita dell’imperatrice si concluse con una condanna di adulterio, che le causò la morte. Il matrimonio con Commodo durò, infatti, il tempo breve di quattordici anni. Forse per ragioni di natura politica, o per motivazioni non attestate dagli esperti, fu esiliata con la sorella Lucilla nell’isola di Capri. Entrambe furono condannate a morte, la prima con l’accusa di adulterio, la seconda con la condanna di aver preso parte, nel 182 d.C., alla congiura contro il divino imperatore. Il sarcofago dell’imperatrice fu conservato nella Chiesa di San Costanzo (Marina Grande) a Capri fino all’invasione dei francesi di Gioacchino Murat, nel 1810, quando la tomba fu violata. Lo scheletro di Crispina apparve ai conquistatori avvolto da vesti di oro e d’argento, adornati di gioielli. L’imperatrice racchiudeva tra le mani uno scettro con cerchi d’oro e nella bocca l’aureo d’oro (moneta) di Vespasiano (obolo per Caronte traghettatore dello Stige). Così si concluse la vita dell’ “imperatrice lucana”, una donna alla quale il destino riservò una vita gloriosa e una fine tragica.

In una prima fase, agli inizi del III secolo a.C., Grumentum fu un piccolo insediamento lucano, probabilmente alleato a Roma. Come narra Livio, due episodi di guerra interessarono il suo territorio durante la seconda Guerra punica, quando Annibale attraversò la Lucania e combattè alle porte dell’abitato. Successivamente, il centro fu distrutto durante la Guerra sociale, come riportano Seneca, Appiano e Macrobio. Nel I sec. a.C., Grumentum fu rifondata dai Romani come colonia, con caratteri di polo di controllo amministrativo e produttivo dell’intera Val d’Agri, e raggiunse un notevole sviluppo economico e culturale, reso evidente dalla presenza di un considerevole impianto urbanistico ricco di monumenti.

Da questo momento, la città assunse l’immagine di “piccola Roma”: vi furono realizzati i maggiori monumenti pubblici tipici delle città romane (un anfiteatro, un teatro, un’area forense con templi ed edifici civili, come la basilica, due impianti termali), oltre a diverse domus arricchite di splendidi mosaici pavimentali. Tra II e III secolo d.C. la città visse il suo periodo più florido, a controllo di un territorio ricco di produzioni di vini e carni suine di pregio, e il suo territorio fu interessato dal passaggio della via Herculia, strada consolare realizzata con lo scopo di connettere Grumentum, che mantenne la sua importanza anche nella tarda antichità, alle grandi direttrici (l’Appia a nord e la Popilia/Regio-Capuam a sud).

A seguito del martirio di San Laverio proprio nei pressi della città, divenne centro cristiano e poi sede vescovile. Il lento declino, causato anche dall’instabilità economica e politica che si determinò a partire dall’alto medioevo, portò all’abbandono definitivo del sito attorno al IX secolo e allo sviluppo del borgo medievale di Saponaria – Grumento Nova e degli altri borghi dell’alta Val d’Agri.

Attualmente nell’area archeologica sono visibili diversi complessi monumentali, che si sviluppano prevalentemente attorno all’asse stradale principale (teatro, templi, domus, foro, impianti termali, anfiteatro). L’abitato era racchiuso in una cinta muraria di circa 3 Km e presentava un impianto urbanistico organizzato in isolati regolari. Nei pressi, si colloca il Museo Archeologico Nazionale dell’Alta Val d’Agri, presso il quale sono conservati i reperti provenienti dal territorio, e anche dalla villa romana di Barricelle.